Dott. Francesco G. Falese, Ricercatore CNR-IGAG-UOS “Sapienza” Università di Roma
Metodologia di indagine geofisica in aree marine
Per lo studio della morfologia e della stratigrafia del fondo e del sottofondo marino si utilizzano metodi di indagine geofisici, i quali permettono di penetrare gli strati superficiali e ottenere informazioni sugli strati sottostanti (strumenti sismici) e di ricavare informazioni sulla morfologia e sulla distribuzione dei sedimenti dei fondali marini (sonar).
I sistemi geofisici sono costituti da una sorgente che genera onde acustiche e da uno o più ricevitori che registrano le onde riflesse/diffratte dal fondo e dalle discontinuità fisiche presenti nel sottofondo marino (Fig. 1).
I rilievi sismici si effettuano trainando, con una nave, sia la sorgente energizzante sia l’apparato ricevente. La sorgente energizzante invia, a intervalli regolari, degli impulsi acustici che si propagano nell’acqua e nel sottofondo marino. L’apparato ricevente intercetta gli impulsi riflessi dal fondo e dalle discontinuità fisiche (riflettori) presenti nel sottofondo marino. Il risultato è, oltre all’andamento del fondo, una stratigrafia in tempi del sottofondo marino (Fig. 2a).
I sistemi sonar possono essere genericamente divisi in due categorie: sonar a scansione laterale (side scan sonar) ed ecoscandagli multifascio (multibeam):
- i sonar a scansione laterale emettono due fasci di impulsi orientati lateralmente rispetto alla sorgente. I rilievi side scan sonar forniscono un’immagine acustica in pianta del fondale marino, attraverso la ricezione degli echi diffratti dal fondo, in minor o maggior entità in funzione essenzialmente della litologia e della “rugosità” del fondo stesso (Fig. 2b);
- i multibeam emetteno decine di impulsi su entrambi i lati, la giustapposizione di più profili trasversali porta alla ricostruzione di estremo dettaglio della batimetria dell’area investigata (Fig. 2c).


Inquadramento morfologico e sismostratigrafico dell’area
Caratteristiche morfologiche

Dal punto di vista morfologico il fondale marino antistante il Lido di Ostia è essenzialmente condizionato dalla presenza del delta sommerso del Fiume Tevere il quale, è composto da (Fig. 3):
a) un fronte deltizio, che si estende dalla linea di riva fino alla profondità di circa 20 m ed è caratterizzato da una debole pendenza (max 0,15°); b) una scarpata di prodelta, che si estende dai circa 20 m a circa 100 m di profondità ed è caratterizzata da pendenze fino a circa 1°; c) la zona di piattaforma esterna, più pianeggiante (pendenza max 0,4°), che si estende dai 100 fino ai 150 m di profondità; d) la scarpata continentale, con pendenze di circa 1,5°.
Caratteristiche sismostratigrafiche
La struttura della piattaforma continentale del Lazio centrale è stata ricostruita attraverso l’analisi di profili sismici a riflessione; in particolare: Bartole (1984, 1990), ricostruisce la struttura profonda della piattaforma attraverso l’analisi di profili sismici eseguiti per esplorazione petrolifera; Chiocci (1991, 2000) e Chiocci et al. (2009), ricostruisce la struttura più superficiale attraverso l’analisi di profili sismici ad alta risoluzione eseguiti per scopi scientifici.
La piattaforma continentale del Lazio centrale, dal basso verso l’alto, risulta costituita da (Fig. 4): 1) unità carbonatiche di età Giurassico-Paleogene (da circa 201.3 milioni di anni fa a circa 23.3 milioni di anni fa); 2) sedimenti di età Oligocenica (età compresa tra circa 33.9 e 23.03 milioni di anni fa) attribuiti alla formazione della Pietraforte, la quale risale sino a formare un alto strutturale che arriva ad affiorare sul fondale dando luogo alle Secche di Tor Paterno (Secca di Mezzo); 3) sedimenti di età messiniana-basso pliocenica (da circa 7,2 milioni a 2.58 milioni di anni fa); 4) sedimenti clinostratificati di età Plio -Pleistocenica (da circa 3,6 milioni a 11 mila anni fa).
I sedimenti clinostratificati pleistocenici sono troncati al tetto da una netta superficie di erosione che può essere ricollegata all’erosione subaerea subita dalla piattaforma continentale durante l’ultimo pleniglaciale (circa 18.000 anni fa). Infatti, durante l’ultimo pleniglaciale il livello del mare era circa 120 m più basso del livello attuale e la piattaforma continentale era per gran parte emersa e soggetta all’azione erosiva degli agenti meteorici.
Al di sopra della superficie di erosione si riscontrano i depositi formatisi durante la risalita del livello del mare (tra 18.000 e 8.000 anni fa) e i depositi dell’attuale fase di alto stazionamento (da 8.000 anni ad oggi).

Le Secche di Tor Paterno
Circa 16 km a sud della foce del Fiume Tevere (tra Tor Paterno e Tor Vaianica) la regolarità del fondale è interrotta da tre strutture rocciose: le secche di Tor Paterno: Secca di Terra, Secca di Mezzo e Secca di Fuori (Fig. 5).
La Secca di Terra è quella più vicina alla costa. Le profondità sono comprese tra 4 e 18 m ed è composta da tre speroni rocciosi che si elevano fino a 5-6 m rispetto al fondale circostante. Studi eseguiti per la realizzazione delle aree marine del Foglio Geologico a scala 1: 50.000 n. 387 – Albano Laziale (Chiocci et al. 2009), hanno evidenziato la presenza di plaghe discontinue di Posidonia oceanica e la presenza di formazioni coralligene (Fig. 6).

La Secca di Mezzo è quella maggiormente conosciuta in quanto è stata investigata in dettaglio con studi eseguiti sia per la realizzazione dell’Area Marina Protetta sia per la realizzazione del Foglio Geologico a scala 1:50.000 n. 387 Albano Laziale (Chiocci et al. 2009).
Essa, estesa per oltre 1200 ettari, è l’unica Area Marina Protetta italiana completamente sommersa (non include alcun tratto di costa).

La Secca di Mezzo è una struttura rocciosa continua che si eleva per alcune decine di metri rispetto ai fondali circostanti. La base della secca è posta a profondità di circa 60 m, mentre la parte alta (il cappello) arriva sino ad un minimo di circa 18 m (Fig. 7).
Da un punto di vista geomorfologico la Secca di Mezzo si presenta piuttosto asimmetrica: il versante nord-occidentale è più accidentato ma con un pendio più dolce rispetto a quello sud-orientale. Quest’ultimo presenta pendenze fino a circa 5° ed un raccordo netto e brusco con il pianeggiante fondo marino circostante (Fig. 8).

La secca risulta colonizzata da praterie di Fanerogame marine (vere e proprie piante a cormo, con radici, fusti, foglie e fiori) che si alternano a formazioni di coralligeno (principalmente alghe rosse calcaree, briozoi e policheti) (Fig. 9).

Infine, la Secca di Fuori (la meno conosciuta delle tre) è localizzata ad una profondità di circa 100 m ed è alta alcune decine di metri rispetto ai fondali circostanti.
Dal punto di vista geologico le secche di Tor Paterno sono un alto strutturale (Fig. 4 e 7) costituito da depositi attribuibili alla Pietraforte di età Cretacico superiore (tra circa 100 milioni e 66 milioni di anni fa).
La Pietraforte è una roccia sedimentaria composta da granuli delle dimensioni medie della sabbia (arenaria) i cui affioramenti, nel Lazio, si rinvengono nell’area tolfetana, a sud di Civitavecchia e nei dintorni di Santa Marinella.
Bibliografia
BARTOLE R. (1984) – Tectonic structure of the latian-campanian shelf (Thyrrenian Sea). Boll. Oc. Teor. e Appl., 2/3: 197-230.
BARTOLE R. (1990) – Caratteri sismostratigrafici, strutturali e paleogeografici della piattaforma continentale tosco-laziale; suoi rapporti con l’Appennino settentrionale. Boll. Soc. Geol.It., 109: 599-622.
CHIOCCI F.L. (1991) – Evidenze di un basculamento alto-pleistocenico della piattaforma continentale del Lazio centro-settentrionale. Studi Geologici Camerti, 91/2: 271-281
CHIOCCI F.L. (2000) –Depositional response to Quaternary fourth-order sea level fluctuations on the Latium margin (Tyrrhenian sea, Italy). Sedimentary Responses to Forced Regression, 172: 271-289.
CHIOCCI F. L., FALESE F. & LA MONICA G. B. (2009) – Note Illustrative della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50.000, Foglio 387 Albano Laziale (Aree Marine). ISPRA – Servizio Geologico d’Italia, Roma.